La pace come responsabilità teologica

A conclusione del nostro approfondimento sul ruolo della Santa Sede e dei suoi canali diplomatici a favore della pace, il prof. Lacerenza prova a rilanciare i passaggi principali del cammino finora percorso e pone un’altro elemento fondamentale in questa riflessione: la teologia morale può avere un ruolo nel processo di costruzione della pace?
Gianpaolo Lacerenza è Ministro provinciale dei Frati minori cappuccini i Puglia, è docente di Teologia morale presso la Facoltà Teologica Pugliese.
Il nostro percorso

I contributi del prof. Morandini e di S. Ecc. Mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, hanno offerto una panoramica puntuale e di ampio respiro circa la domanda posta dallo studente Emanuele Preite, sulla portata etica dell’impegno diplomatico della Santa Sede nella sua opera di mediazione e promozione soprattutto della pace

Morandini ci ha aiutati a guardare come la specifica azione “pastorale” della Santa Sede a servizio della pace negli scenari internazionali sia nutrita di una fedele interpretazione contestuale della Dottrina Sociale della Chiesa che, nell’indicare sempre obiettivi di alto profilo, invita al contempo a valutare con cura quali passi siano possibili in contesti specifici per muovere verso di essi. In una preferenza di dialogo a livello multilaterale, rigore e flessibilità non esprimono istanze inconciliabili, ma piuttosto polarità di un agire comunque orientato alla pace. Il valore aggiunto è dato dal fatto che la Santa Sede, proprio perché disarmata nella sua azione diplomatica può sperare di essere anche disarmante.

Al contempo l’Arcivescovo di Catania, Luigi Renna, nel suo intervento ha tracciato come i principi della Dottrina Sociale della Chiesa, in una visione di pace «fondata su una corretta concezione della persona umana e sull’edificazione di un ordine secondo giustizia e carità» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 494), si traducano in un’azione plurale della Santa Sede, la quale insiste su vari soggetti che convergono nell’unica direzione di costruzione della pace nella giustizia.

 La gravità delle situazioni conflittuali sparse in tutto il mondo non può lasciarci indietreggiare dinanzi alla confusione delle responsabilità e alla distorsione della verità. Mentre molti Stati, soprattutto quelli europei, dinanzi alle conseguenze atroci delle guerre a noi vicine esitano nel denunciare e proporre soluzioni eque e giuste di pace, per timore forse di conseguenze economiche e di ritorsione sul consenso politico, papa Leone XIV ancora una volta ha espresso con la sua dolorosa preoccupazione per le vittime dei conflitti in atto: «Assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera per tutte le vittime, in particolare per i bambini e le famiglie. Rinnovo con forza l’appello a fermare la guerra e a sostenere ogni iniziativa di dialogo e di pace. Chiedo a tutti di unirsi nella preghiera per la pace in Ucraina e ovunque si soffre per la guerraDalla Striscia di Gaza si leva sempre più intenso al cielo il pianto delle mamme, dei papà che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti… Ai responsabili rinnovo il mio appello: cessate il fuoco; siano liberati tutti gli ostaggi; si rispetti integralmente il diritto umanitario» (Udienza, 28 maggio 2025).

 

Teologia e “pace”: un ri-avvicinamento

Tutto il patrimonio offertoci dal magistero con l’intuizione profetica di Paolo VI di celebrare dal 1° gennaio 1968 la Giornata Mondiale per la Pace e l’azione diplomatica della Santa Sede sono un invito oggi ad approfondire maggiormente la portata teologica della pace. Infatti è auspicabile che si rinnovi come compito dei teologi morali proprio quello di riprendere una più profonda ricerca sul valore teologico della pace per rafforzare nelle comunità cristiane una conversione etica decisiva nei confronti della pace. Accostare teologia e pace, tornare a scrivere e a parlare di una teologia della pace, significa per i teologi morali un nuovo cantiere di ricerca per contribuire e rilanciare la riflessione portata avanti dal magistero. Teologia e pace hanno bisogno di un nuovo e solido approfondimento, ma a partire da teologi che sappiano mettere in gioco se stessi scardinando i luoghi comuni interiorizzati per le geografie in cui si è inseriti e aprendosi all’ascolto non giudicante del punto di vista diverso.

La pace potrebbe essere una categoria morale che ci aiuti a superare la mentalità competitiva a livello affettivo, culturale, politico, economico e soprattutto a saper mediare con prudenza profetica quelle fratture rancorose e definitive che si stagliano nelle relazioni di amicizia, lavorative, familiari fino a quelle tra popoli e tra Stati. La teologia morale dovrebbe tornare a riavvicinare la pace come oggetto di studio e di proposta teologica, a partire dalla capacità di esercitare un discernimento morale perché i conflitti tra persone, tra gruppi, tra nazioni, non si trasformino sempre e comunque in contenziosi armati. Infatti il “conflitto”, che ci abita sin dalle origini di Caino e Abele, esige una grammatica etica di mediazione e di risoluzione perché facilmente accade che nella nostra società i conflitti personali diventino di gruppo e da tali si propaghino sino a diventare guerre vere e proprie.

A tal proposito, proprio sulla scia della portata etica della missione della Santa Sede in campo diplomatico, la teologia morale è chiamata ad accostare a sua volta la categoria pace alla categoria democrazia. Oggi un “recupero dell’umano” passa dallo stretto legame tra pace e democrazia di cui la teologia morale è chiamata a ri-studiare con attento sguardo alla pluralità dei contesti e delle culture, alla demagogia dei media e del paradigma tecnocratico, alla crisi della partecipazione che tende ad acutizzare nevroticamente le diversità di pensiero.

 

Una nuova responsabilità teologico-morale

È necessario assumere la pace come una nuova responsabilità teologica. La Pasqua ha determinato per sempre la nostra salvezza e il nome nuovo della salvezza inaugurato da Gesù Risorto è stato quello della pace donato ai suoi discepoli impauriti, in conflitto interiore e forse esteriore. Il Vangelo continua ad essere civiltà e storia se capace di denunciare e trasformare dal di dentro con coraggiosi profeti, le maglie insidiose ed intrecciate di un antagonismo violento ed esasperato cui il capitalismo consumista produce costantemente.

Una delle espressioni divenute iconiche del magistero di papa Francesco è quella che riguarda una terza guerra mondiale combattuta «a pezzi».[1] Con questa immagine il papa ha sempre, e con forza, sottolineato tutta una serie di guerre, conflitti, distruzioni, così capillarmente diffusi in tutto il mondo e sistematici da apparire come una vera e propria guerra mondiale. Secondo il Global Peace Index, l’indice che monitora e misura il livello di pace e di sicurezza nel mondo, oggi sono 56 i conflitti attivi in tutto il pianeta, il numero più alto dall’ultimo conflitto mondiale.[2] In questa classifica, l’Islanda è la nazione più pacifica del mondo, l’Italia occupa il 33° posto, mentre il paese meno pacifico è lo Yemen, seguito dal Sudan, Sud Sudan, Afghanistan e Ucraina.

La tendenza al riarmo, dovuta alla percezione dell’aumento dei rischi securitari, ha portato molti Stati ad investimenti per la difesa con il declino del concetto di difesa collettiva per cui come spesso si afferma, nella politica mondiale prevale la ragione della forza (might makes right) invece della forza della ragione, declinato in modo politicamente corretto, come pace attraverso la forza (peace through strenght). Benché a volte fragili e precari, l’esito dei negoziati diplomatici dipendono il più delle volte dalla messa in condizione di operare da parte della diplomazia e dal differente approccio che ogni diplomazia può riservare. Apprezzando il lavoro di quanti operano in tali ambiti non semplici, la pace si pone oggi come responsabilità teologica, appello della storia. Tuttavia, lasciandoci ispirare dai teologi morali che hanno profeticamente assunto la pace come responsabilità teologica, penso solo ad alcuni come Häring, Vidal, Chiavacci, resta da parte dei teologi una prossima sfida non indifferente, cioè quella di rileggere il progetto salvifico di Dio come pace e giustizia per tutti i popoli e di tradurre in azione di pace e di democrazia partecipativa la libertà stessa dei popoli.

Occorre sempre parlare di Pace! 

Occorre educare il mondo ad amare la pace,

a costruirla, a difenderla.

(Paolo VI, Messaggio per la celebrazione della prima Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 1967).

 

[1] Francesco, Omelia Sacrario Militare di Redipuglia nel Centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale (13 settembre 2014).

[2] Cf. Institute for Economics & Peace, Global Peace Index 2024: Measuring Peace in a Complex World, IEP, Sydney 2024.

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