Promuovere contesti ecclesiali tutelanti. Un esercizio comunitario

Chiara Griffini, psicologa, psicoterapeuta, specializzata in clinica di coppia e psicologia forense,  licenziata in psicopedagogia della vita consacrata alla Pontificia Università Regina Apostolorum. Lavora come consulente tecnico d’ufficio e di parte  in ambito civile e penale,  perito presso il tribunale ecclesiastico emiliano,  ausiliario e consulente  presso la Procura  di Lodi e la Procura e Tribunale per i minorenni di Milano. Dal 2019 al 2021 è stata coordinatrice generale del progetto Safe-Educare e Accogliere in ambienti sicuri. Attualmente è  Referente del Servizio diocesano per Tutela dei minori e degli adulti vulnerabili della Diocesi di Piacenza-Bobbio, membro del Consiglio di Presidenza del Servizio nazionale tutela minori e adulti vulnerabili della CEI, Consultore del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. E’ stata coordinatrice  della Commissione centrale tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Comunità Papa Giovanni XXIII (2020-2023) a cui appartiene come laica consacrata dal 2004.

Una premessa

Nel suo contributo la professoressa De Vecchi esordiva con l’etimologia della parola abuso e tratteggiava percorsi di riflessione per imparare a riconoscere dinamiche e strutture abusanti.

Mi sembra allora interessante partire dall’etimologia della parola tutela (dal latino tutus, participio passato del verbo tueri) che significa guardare, e, figuratamente, difendere, proteggere, curare .

Tutelare quindi non è solo prevenire e contrastare un cattivo uso, ma promuovere il bene in atto, anzitutto come bene- relazionale, che mantiene ciascuno degli attori nel riconoscimento imprescindibile della reciproca soggettività e del valore di cui ciascuno è portatore.

 

Tutelare è educare alla cura responsabile delle relazioni

Parlare di riconoscimento di strutture e dinamiche abusanti non può essere allora disgiunto dal suo contrario: promuovere contesti educativi tutelanti, in cui le relazioni si nutrono di una sostanza etico- affettiva che garantisce la libertà e il rispetto della dignità di ciascuno, conducendolo verso la sua piena umanità. Solo cosi l’asimmetria relazionale sarà espressione di cura responsabile.

La dinamica abusante è l’esatto opposto di quella generativa. Nella dinamica generativa come descritta da Mc Adams (2006)[1], tre sono i passaggi chiave :

* dare al mondo;

* curare;

* lasciar andare.

Nella dinamica abusante invece abbiamo questi tre passaggi chiave: 

*una scelta esclusiva ed escludente sia verso i soggetti di cui appropriarsi e usurpare, sia rispetto al contesto, ponendosi in imprese educative solitarie e deleganti;

*l’annebbiamento del contesto . Ogni forma di abuso non è mai decontestualizzata, vi è sempre qualcuno o qualcosa che porta a qualcun altro. E’ in questa fase che un contesto informato e formato a parlare di ciò che si tende a negare o rimuovere può fare la differenza;

* l’irretire. Alcuni autori parlano di una sorta di “tela del ragno”, in cui l’altro rimane imbrigliato, impotente di movimento e parola per anni.

Tutelare quindi un minore, un soggetto, significa anzitutto tutelare l’adulto nel legame generativo che è chiamato ad instaurare verso chi gli è affidato. Prima di una vittima vi è un adulto che deflagra nella sua identità e finalità originaria. La responsabilità degli atti rimane individuale, ma la vigilanza come movimento preventivo nel prima e di reazione nel dopo chiama in causa il contesto, sia esso familiare o istituzionale.

Sul ruolo chiave del contesto nel riconoscere gli abusi e nella loro prevenzione è intervenuto anche Papa Francesco in quel documento che è la pietra miliare del suo magistero in materia di contrasto e prevenzione agli abusi , la “ Lettera al popolo di Dio” ( 20 agosto 2018).

Riconoscere e contrastare gli abusi non si esaurisce nella loro segnalazione e trattazione, ma deve avere come effetto necessario la revisione di tutto ciò che nel contesto ha favorito l’indebolimento di buone prassi e fattori di protezione a vantaggio di rischi, come evidenziato dai modelli preventivi situazionali.

Possibili vie per comunità ecclesiali tutelanti

Se tutelare è osservare, la prima via per rendere un contesto tutelante è quella di promuovere una educazione della sensibilità di ogni suo attore, in qualunque posizione relazionale esso sia. A ben notare dietro ogni forma di abuso vi è un uso distorto del vedere, del sentire, del toccare. E’ promuovere una cultura dello sguardo che generi una riflessione condivisa su ciò che di ambiguo e anomalo si può cogliere e il non arrendersi all’abitudine di osservare alcuni aspetti e trascurarne altri, di darli per scontati o di negarli perché scomodi e imbarazzanti. Uno sguardo condiviso in cui si affronta da un lato l’idealizzazione che coltiva il pensiero dell’impossibilità e del sentirsi esenti dal rischio, per cui si scade nell’omissione di sguardo e di reazione verso ciò che fa ed è male. Dall’altro il “non vedere” la strumentalizzazione dell’affidabilità che porta a scambiare imprese educative in solitaria come espressione di generosità, intraprendenza e talora carisma.

Educare la sensibilità è promuovere la cultura del confine, per cui ti avvicini all’altro con rispetto, chiedendo il permesso e attendendo il consenso di entrare nella sua intimità, ascoltando ciò che le sue parole e i suoi gesti ti suscitano e ciò che i tuoi gesti suscitano nell’altro, riconoscendosi reciprocamente la possibilità di fermarsi e distanziarsi, ringraziando per la condivisione ricevuta senza pretendere mai un dopo.

La seconda è il passaggio dalla cultura dell’alibi alla cultura della corresponsabilità. E’ il mettere al centro della formazione degli adulti in posizione educativa il mandato comunitario, per cui  ciascuno agisce come inviato da una comunità, chiamato a rendere conto, a confrontarsi, a sapersi congedare per passare il testimone alla generazione successiva.

La temporaneità dei mandati nella responsabilità di movimenti laicali di diritto pontificio è un chiaro esempio di tale cultura della corresponsabilità come forma di generatività sociale nell’esercizio di autorità e servizi nella Chiesa[2]. Potrebbe essere interessante interrogarsi sul mandato a tempo per un accompagnamento spirituale nei percorsi vocazionali di ogni tipo, come forma di tutela della generatività dell’accompagnamento per tutti i coinvolti. Cosi per i diversi servizi che la comunità ecclesiale chiede, per i presbiteri quanto per i laici.

 

Il progetto Safe, un piccolo germoglio di alleanza sistemica preventiva[3]

Il “Progetto Safe – Educare e Accogliere in ambienti sicuri”, cofinanziato dall’Unione europea, ha messo in rete per due anni – 2019-2021- tre associazioni laicali del mondo ecclesiale italiano,la Comunità Papa Giovanni XXII, l’Azione cattolica, il Csi e il Dipartimento di sociologia e diritto dell’economia dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, con il suo Centro interdisciplinare di ricerca sulla vittimologia e sulla sicurezza.

Si è trattato di un progetto di formazione sulla prevenzione e il contrasto degli abusi sessuali all’infanzia nelle organizzazioni di ispirazione religiosa operanti con minori nello sport, nel tempo libero e nella protezione sociale.

Proprio perché vissuto a livello associativo ha consentito ad associati e leaders di prendere consapevolezza dei fattori di rischio da monitorare e dei fattori protettivi da promuovere affinché il contesto resti tutelante, mette al centro tre paradigmi chiave di ogni azione educativa tutelante: relazione, rispetto e responsabilità. Garanzia di questo impegno permanente è stata l’adozione per ogni ente di una politica di tutela[4]. Non documento programmatico ma un codice etico per gli associati fatto di buone prassi e dei protocolli trasparenti per far emergere e affrontare eventuali abusi.

Se l’abuso crea divisione,il progetto Safe ha reso visibile come la prevenzione possa generare alleanza sistemica preventiva tra realtà ecclesiali per creare una rete protettiva tra i contesti di vita dei minori oggi[5].

 

________________________

[1]    Mc Adams D.P, Generativity and Adult Development: How and Why We care for the next generation, American Psicological Association, Washington, DC 1998.

[2]    Dicastero  per i laici, la famiglia e la vita, Decreto generale le associazioni internazionali di fedeli. Testi e commenti. La responsabilità di governo nelle aggregazioni laicali. Un servizio ecclesiale, LEV, Città del Vaticano  2021.

[3]https://progettosafe.eu/

[4] R. Sette, S. Tuzza, Promuovere ambienti educativi sicuri. Prevenire gli abusi nei contesti ecclesiali, Ave, Roma 2021.

[5] C. Griffini (a cura di), Non è un’app. Promuovere un sistema permanente di tutela dei minori nella Chiesa e nella società, Ave, Roma 2021.

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