Autorità non-violenta per la formazione della coscienza in Bernard Häring

Giorgio Nacci, presbitero dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, è docente incaricato di Teologia morale fondamentale presso l’Istituto Teologico Regina Apuliae (Molfetta) della Facoltà Teologica Pugliese (Bari).

Il contributo della professoressa Sacco ha messo in evidenza la teologia della coscienza in Bernard Häring, precisando l’importanza che quest’ultima riveste nella sua riflessione etica. In particolare, oltre ad averne evidenziato il fondamentale ruolo di responsabilità che essa riveste, ha sottolineato un elemento fondamentale per il nostro teologo, ovvero che la formazione della coscienza avviene soprattutto attraverso «la reciprocità delle coscienze, il rispetto reciproco e la condivisione dell’esperienza spirituale».

Nel mio approfondimento vorrei semplicemente far emergere alcuni elementi di questa visione della formazione della coscienza, in particolare in rapporto all’autorità, sia che essa sia concepita come le legge morale che l’autorità ecclesiale o civile. Häring ha vissuto sulla sua pello l’assoggettamento delle coscienze al regime totalitario nazista e sa bene quali sono le conseguenze di una coscienza addormentata, abituata semplicemente ad obbedire. Formare una coscienza non-violenta, come afferma Filomena Sacco, non è rinunciare ad ogni impegno e resistenza dinanzi ad autorità che vogliono il male; piuttosto significa stimolare una forza attiva e trasformativa, che non ignora il male ma lo combatte con la forza della verità e della giustizia, con una profonda conversione interiore, che ha implicazioni concrete.

Entriamo dunque dentro la ricca riflessione del nostro teologo redentorista facendo parlare direttamente i suoi scritti in relazione a tre questioni.

Uno stile non-violento per formare la coscienza

Innanzitutto, formare una coscienza non violenta significa sposare un certo modo di intendere la vita morale e, in essa, il rapporto tra coscienza e legge. Uno stile impositivo, imperniato solo su una visione normativa dell’etica, rischia di annebbiare la responsabilità della coscienza e di inculcare l’idea che essa sia semplicemente obbligata a rispondere alle imposizioni dell’autorità.

Sulla scia di Alfonso M. de Liguori, per Häring la vita morale è innanzitutto accoglienza della grazia di Dio che muove la coscienza ad aderire alla sua volontà (che è l’amore) per forza attrattiva. Cristo, donandoci il suo Spirito di verità, «ci dà il gusto della nuova vita e del nuovo cammino che è vita in Cristo e camminare con Cristo. La Legge come rivelata in Cristo, è l’amore che non fa violenza contro la nostra volontà ma sollecita, trasforma ed attrae. Chi non vede in nessun modo questa dinamica attrattiva non conosce in verità Cristo ed il Padre, non li conosce nello Spirito che è dono»[1].

Per mezzo della vita nuova, partecipazione nella vita e missione di Cristo, e per mezzo del dono dello Spirito, il Padre ci attrae a sé. «Questa è una creazione per non-violenza, perché è opera dello Spirito, che è soffio mite, potenza attrattiva e perciò assolutamente non-violenza che trasforma il peccato (nemico di Dio a causa del peccato) in figlio assieme al Figlio diletto. E perciò è anche missione per la guarigione non violenta dell’umanità»[2].

Per Häring, dunque, la forza vincolante della legge non deve perdere mai il suo carattere di dono, di grazia. Non bisogna correre il rischio di cadere in un linguaggio imperativistico e autoritario. «Dio agisce con noi uomini in un modo non-violento. Non vuole piegarci con la forza ma attrarci con la potenza soave dello Spirito». Per questo, pur conservando la dinamica della vita nuova che spinge a conversione continua, «sorge la grande preoccupazione di non inculcare leggi ed obblighi in un modo che contraddice la non-violenza di Dio nei nostri riguardi e, nello stesso tempo, di non diminuire l’urgenza liberante-vincolante della sua volontà salvifica per tutti gli uomini»[3].

 

Acquisire una capacità “critica” ovvero di discernimento

Rispettare la forma non-violenta con cui Dio propone la sua volontà significa anche aiutare la coscienza a sviluppare un rapporto critico con l’autorità. Questo concetto va chiarito per evitare fraintendimenti. La legge, per il nostro teologo, svolge una funzione basilare nella conoscenza delle esigenze morali. La coscienza ha fiducia nel fatto che l’autorità, predispondendo quella particolare legge, intende custodire un valore, un bene; pertanto, conoscere e obbedire alla legge è il primo passo che chi deve determinare un giudizio morale non può mai eludere. Al tempo stesso la formazione della coscienza non può accontentarsi di questo primo passo: «La conoscenza della legge deve venir approfondita sempre di più per mezzo di un riconoscimento del valore personale e vivo, così da riconoscere sempre più chiaramente il dovere come il linguaggio del valore, come il linguaggio dell’amore»[4]. Non si tratta quindi di accontentarsi di fare ciò che è legalmente comandato ma di sviluppare un’intima adesione al bene, che vada anche oltre le esigenze legali di una legge.

            Perché questo avvenga, la formazione della coscienza deve portare ad acquisire una capacità critica, ovvero ad un saper discerne: «chi non sa distinguere gli spiriti grazie ad una visione chiara e penetrante dei valori, cadrà nella servitù degli uomini. Chi non si sforza di scoprire il vero fondamento aureo delle leggi ecclesiastiche e civili, non saprà dividere l’oro puro da tutto ciò che brilla e si perderà in un servizio superficiale della lettera»[5]. Häring riconosce in questo una mancanza di capacità critica o una critica senza amore. Chi manca di critica «può ben arrivare al servilismo, ma non ad un’obbedienza veramente cristiana e degna dell’uomo. È come una lastra di pietra sulla quale i dittatori costruiscono le loro strade»[6]. La critica senza amore, invece, è di chi non è spinto dall’amore e dal bene alla comunità, ma dal desiderio di demolire. Invece, la critica amorosa – essa sola è degna del cristiano – può venire solo da una visione profonda dello splendore del bene che ridesti tutte le forze dell’amore, del vero riconoscimento del valore». Solo questa critica amorosa, che possiamo definire il discernimento, permette un’obbedienza matura e responsabile della coscienza all’autorità.

 

Formarsi alla libertà per garantire la non-violenza

Un terzo elemento utile alla formazione della coscienza non-violenta possiamo rintracciarlo certamente nell’esigenza di una formazione incentrata sulla libertà piuttosto che sulla coercizione. La Chiesa, per padre Häring, è la «Libertà incarnata. […] Essa dovrebbe essere una comunità di uomini liberati e impegnati per la liberazione di tutti»[7]. Lo sforzo educativo della Chiesa dovrebbe essere proprio questo, soprattutto nelle divergenze e nei conflitti: una coscienza matura dovrebbe aver imparato una «profonda devozione per la libertà responsabile e il rispetto incondizionato per la dignità e la coscienza di ogni uomo, perché essa più di ogni altra cosa aiutano a condurci al Liberatore»[8]. Una coscienza non violenza è una coscienza che si è formata nella libertà e alla libertà: questa, per il nostro teologico dovrebbe essere un test della fede della Chiesa nel fatto che Cristo è venuto per liberarci e per liberare.

            La formazione della coscienza non-violenta, per Häring, non è solo questione di temi specifici o di attenzione da avere in alcuni contesti. Essa nasce dal modo stesso con cui accompagnamento la persona ad entrare nella vita morale, ad accogliere l’azione dello Spirito, ad aderire ai valori morali custoditi dalle norme e dall’autorità. Coscienze che hanno sviluppato l’apertura alla grazia, la capacità critica che è alla base del discernimento e una libertà responsabile sono certamente coscienze non-violente.

[1] B. Häring, «Vita in Cristo: il “si” riconoscente alla legge dello Spirito», in Studia Moralia 25(1987) 283.

[2] Ivi, 285.

[3] Ivi, 291.

[4] Id., Il cristiano e l’autorità, Borla, Torino 1964, 32.

[5] Ivi, 49.

[6] Ivi, 51.

[7] Id., Liberi e fedeli in Cristo, 3 voll., Paoline, Cinisello Balsamo (MI), I, 194.

[8] Ivi, 196.

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