FIlomena Sacco, ha conseguito il Dottorato in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma e la Laurea in Scienze Pedagogiche a Napoli. E’ docente incaricata di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma, docente invitata all’Accademia Alfonsiana in Roma e alla Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale – Sezione San Luigi. Tra le sue pubblicazioni più recenti segnaliamo l’opera curata con A.V. Amarante: Riconciliazione sacramentale. Morale e prassi pastorale (2019). E’ autrice di diversi saggi e articoli su riviste specializzate.
La concezione diffusa della libertà è che essa sia sinonimo di scelte infinite e reversibili. Potere illimitato e tendenzialmente egocentrico. Da questa prospettiva può risultare difficile coniugare libertà e discernimento. Per metterli insieme occorre chiarire le potenzialità della libertà e il fine del discernimento.
Un dono da esercitare “Bene”
Il contributo che ha aperto il tema di questo mese, a cura del Prof. S. Majorano, ha messo in chiaro che la libertà non è un bene acquisito una volta per sempre, ma una conquista continua. Si potrebbe ben parlare di processo di liberazione, perché nell’arco della vita c’è sempre un bene maggiore verso il quale progredire. L’approfondimento successivo del Prof. Nacci ha sottolineato che questo processo è scandito da passi possibili. È bene mettere in dialogo la libertà con un altro dono peculiare: il discernimento. Una precisazione è necessaria. La libertà non è una facoltà che ci è stata data per scegliere tra il bene e il male. Se così fosse bene e male avrebbero lo stesso valore. La libertà, segno altissimo dell’imago Dei (cf. Gs, 17), è facoltà donata da Dio per scegliere il Bene. E. Stein suggerisce che il mistero della libertà dell’uomo è così grande che Dio stesso s’arresta dinanzi ad essa (La scienze de la Croix, p. 180). Dio nel donare la libertà corre il rischio che la creatura si rivolti contro di Lui. In effetti così accade ogni volta che abusiamo della libertà e non scegliamo il bene[1]. Tuttavia occorre riconoscere che la libertà è tentata, condizionata sia da fattori personali come: paure, timori, ignoranza; sia da fattori esterni come: famiglia, società, cultura.
Posto che, come ricorda Papa Francesco il cammino di crescita nel bene è personale e graduale (cf. AL 295); che un piccolo passo in una vita difficile vale più di molti passi in una vita che procede senza fronteggiare particolari difficoltà (cf. EG 44); che posso conoscere l’ideale del Vangelo ma al momento non riesco a viverlo pienamente (cf. Al 303), ma il limite di oggi è possibilità di crescita verso il futuro; qui si apre lo spazio di riflessione sul discernimento.
Una libertà che discerne
La libertà può essere travolta da uno “zapping costante” per cui: “senza la Sapienza del discernimento possiamo trasformarci in burattini alla mercé delle tendenze del momento” (CV 167). Siamo veramente liberi? Certo che sì. Ma siamo anche chiamati ad esercitare questo dono esaminando desideri, angustie, timori e attese che sono nel nostro cuore (Cf. CV 168). Una libertà che discerne compie quanto san Paolo suggerisce: “Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono” (1Ts 5,21).
Come ha scritto il Prof. Majorano in un articolo di qualche anno fa, ma ancora attuale, al giorno d’oggi un corretto discernimento è preceduto e accompagnato da una “saggia pedagogia dei bisogni”. La persona per potersi orientare e discernere il bene da fare e il male da evitare occorre che sia formata a riconoscere con sincerità i propri bisogni, a percepirne la consistenza, a chiamarli per nome, distinguendo la forza dei condizionamenti. Solo così i bisogni potranno essere messi in dialogo col progetto unitario di vita della persona[2]. Il discernimento va oltre la singola scelta, è conferma nella scelta particolare dell’orientamento unitario di sé stessi. In altre parole, il discernimento è orientato da: chi ho scelto di essere?
Come discerne la libertà? Preghiera, riflessione, lettura e buon consiglio sono i mezzi che indica il Papa (CV n.166). Il che, però, rimanda alla disponibilità all’ascolto congiunta con la docilità per obbedire al Vangelo. Il discernimento libera la libertà[3]. Mette la persona in grado di ascoltare la “sorprendente creatività divina” (Cf. EG nn. 11, 278). Non tutto ciò che sentiamo nel cuore viene dal Signore, non tutto è vino nuovo che viene da Dio. Alcune intuizioni possono essere inganni dello spirito del mondo: “un buon discernimento è un cammino di libertà che porta alla luce quella realtà unica di ogni persona, quella realtà che è così sua, così personale che solo Dio la conosce” (CV 295). Solo una coscienza ben formata sarà esperta in questa arte difficile e delicata. Il contesto fortemente pluralista della nostra società dovrebbe spingere tutta la comunità cristiana a un impegno condiviso e convinto per formare coscienze veramente mature. Senza una tale maturità, le persone restano in balia delle capacità di condizionamento proprie delle diverse forme di potere: sono, direbbe Paolo, come «fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore» e perciò incapaci di agire «secondo verità nella carità» e di «crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (Ef 4,14-15)[4].
Dunque il segreto della libertà dei figli di Dio è vivere in costante vigilanza per scorgere i “segni dei tempi” con la consapevolezza che: “tutto è lecito ma non tutto giova (1 Cor 6,12). Una libertà libera saprà discernere tra tutto ciò che è lecito solo ciò le che giova per essere chi il Signore vuole che sia!
[1] Cf M. Cozzoli, Etica teologica della libertà, Edizioni San Paolo, Milano 2004
[2] Cf S. Majorano, La diaconia formativa della Chiesa alla coscienza, in Religiosi in Italia 16 (2011) 3, 114.
[3] Per un approfondimento sul discernimento: A. DONATO – J. MIMEAULT, Il discernimento. Fondamenti e luoghi di esercizio, supplemento n. 8 a Studia Moralia.
[4] Cf. S. Majorano, La formazione della coscienza in un contesto fortemente pluralista, in Frontiere 8 (2011), 111.
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