
Alle 7:35 di questa mattina, Papa Francesco ha concluso la sua esistenza terrena. Il suo pontificato, iniziato la sera del 13 marzo 2013, ha impresso una svolta decisiva al cammino della Chiesa, che ha assunto il volto di una madre amorevole, mediatrice della misericordia di Dio, sinodale, povera per i poveri. Abbiamo chiesto un ricordo al professor Francesco Zaccaria, docente straordinario di teologia pastorale presso la Facoltà Teologica Pugliese e membro della presidenza del comitato del Cammino sinodale delle Chiese in Italia.
Scrivo queste righe nell’ora dell’emozione e del dolore per la perdita di Papa Francesco, un Papa che ha lasciato un segno profondo nel cuore e nella mente di molti attraverso il suo Magistero fatto di gesti e parole profetiche.
Un pontificato iniziato con la visita all’isola di Lampedusa, dopo una terribile strage di migranti nel mare Mediterraneo, per mettere in chiaro che al centro devono esserci gli ultimi e gli scartati, e con il suo documento programmatico Evangelii gaudium, che ha subito messo in ordine le priorità: prima il dinamismo missionario e non la ripetizione di vecchie forme pastorali e di formalità ecclesiastiche; prima la virtù della misericordia e non il rigidismo legalista; prima i poveri e la pecore perdute e non chi vuole conservare privilegi e chi si sente migliore degli altri; insomma prima la passione per il Vangelo e l’impegno per il Regno di Dio e poi la preoccupazione per se stessi e i per i propri interessi.
Per questo è stato un Papa molto amato, amato soprattutto dai fedeli e dalla gente, perché il “fiuto” del popolo ha saputo leggere nei suoi semplici gesti di vicinanza e accoglienza il desiderio di trasmettere la prossimità di Dio a “tutti, tutti, tutti”, nessuno escluso. È stato molto amato dai “lontani”, da coloro che non partecipano alla vita ecclesiale o hanno altre visioni del mondo o appartengono ad altre religioni o confessioni cristiane, perché hanno trovato in lui una voce profetica e una guida universale nella lotta contro mali che mettono a rischio la convivenza sociale e l’esistenza dell’umanità: le guerre, la distruzione della casa comune, l’economia iniqua che esclude ed uccide. È stato amato dai pastori della Chiesa che hanno condiviso con lui l’urgenza della conversione pastorale e del superamento di prassi e forme ecclesiali incapaci di trasmettere la gioia del Vangelo al mondo di oggi. È stato amato dai teologi che hanno potuto riprendere in mano l’eredità del Concilio Vaticano II e svilupparla dinanzi alle sfide dei contesti contemporanei con il sostegno e l’incoraggiamento del Magistero.
Un Papa con questi obiettivi e con queste priorità – e con un piglio deciso e senza paura di ribaltare consuetudini o abolire privilegi per perseguirle – ovviamente è stato anche un Papa contrastato. La Chiesa non ha solo un’identità teologica e una vita teologale, ma ha anche un’identità sociologica: la Chiesa è anche una istituzione, con forme, ritualità, gerarchie consolidate, e perciò non è facilmente incline al cambiamento, non si apre senza resistenze al rinnovamento e alla riforma. Papa Francesco non ha solo avuto resistenze interne, ma è stato osteggiato anche da chi, nella società, vuole strumentalizzare forme fondamentaliste di fede cristiana per raggiungere scopi opposti a quelli evangelici e preservare sistemi sociali ed economici iniqui e ingiusti. Una dose di contrasto e opposizione è naturale verso ogni figura di guida – anche i predecessori di Papa Francesco l’hanno sperimentata -, ma anche qui Papa Francesco è stato innovatore e dirompente, perché le resistenze sperimentate non le ha mai nascoste, anzi ha incoraggiato, come non si ricordava da tempo, ad esprimerle con franchezza, senza timori reverenziali, financo scherzandoci su, ma soprattutto ha messo tutta la Chiesa su una via per poter vivere le differenze, e anche i contrasti, con coraggio e speranza evangelica: la via della sinodalità.
È questa forse l’eredità più importante che Papa Francesco lascia a tutti noi: la conversione sinodale, «il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». Il Papa ha voluto indicarci che abbiamo bisogno di camminare insieme verso obiettivi comuni innanzitutto con tutta l’umanità, ci ha insegnato che siamo mandati ad essere missionari nella società di oggi senza vederla come estranea e nemica, ma scoprendo in essa la presenza di Dio, per “svelarla” e metterla in luce, per camminare con tutti verso il Regno di Dio, condividendo con tutti dolori e speranze, sfide e gioie, perché «siamo tutti sulla stessa barca» nel viaggio della vita di tutta l’umanità. Una Chiesa sinodale significa poi una Chiesa capace di camminare insieme al suo interno, superando clericalismo e separazioni tra componenti del Popolo di Dio, ricoprendo la bellezza delle diversità nella Chiesa, differenze da ricomporre in unità poliedrica: tra pastori e fedeli, tra comunità e realtà ecclesiali, tra Chiese locali in diversi contesti.
Un’eredità è sempre un dono da portare avanti e sviluppare. Sulla strada della conversione sinodale indicata da Papa Francesco siamo ancora ai primi passi e molto il Papa non è riuscito a portare a termine. Basti pensare ai temi dei gruppi di studio che si sono aperti grazie alla ampia consultazione del Sinodo 2021-2024: per esempio il rinnovamento della formazione dei presbiteri e del ministero dei vescovi; il ruolo delle donne nella vita e nella guida della chiesa; il rilancio del cammino ecumenico e del discernimento condiviso su questioni aperte di tipo dottrinale ed etico. Oltre a questo lavoro rimane in piedi la fase di attuazione e ricezione del Cammino sinodale di questi anni; non quindi la preparazione o la consultazione verso un nuovo Sinodo, ma un percorso che dovrà coinvolgere le diocesi e le conferenze episcopali a partire dal Documento finale del Sinodo 2021-2024, che Papa Francesco ha reso Magistero pontificio e che porterà ad una grande Assemblea Ecclesiale di tutta la Chiesa universale nel 2028.
Non è quindi un Magistero incompiuto, quello di Papa Francesco, ma un Magistero ancora aperto, espressione adatta per un Papa che non ha voluto chiudere – confini, definizioni, cammini – ma ha aperto processi e messo tutta la Chiesa sulla via della conversione missionaria e sinodale, cioè sulla strada della conversione evangelica, niente di più e niente di meno.
Da questa eredità bisognerà ripartire, perché agli occhi della fede questi di Francesco non erano solo orientamenti e priorità di politica ecclesiale, ma frutti del discernimento e della preghiera del Papa, sempre guidato e sostenuto dallo Spirito del Signore Risorto. Per questo sono certo che la Chiesa continuerà a camminare nella direzione indicata da Papa Francesco, perché quando una ispirazione viene da Dio questa non si può né cancellare né fermare (cf. At 5,29-39).
Presbitero della diocesi di Conversano-Monopoli, nel 2009 consegue il dottorato in Teologia presso la Radboud Universiteit di Nimega, in Olanda, con una tesi dal titolo Participation and beliefs in popular religiosity. An empirical-theological exploration among Catholic parishioners in the Diocese of Conversano-Monopoli (uno studio di teologia empirica sulla religiosità popolare nella nostra Diocesi).
Attualmente è professore straordinario alla Facoltà Teologica Pugliese, dove insegna Teologia pastorale.
È membro della presidenza del Cammino sinodale delle Chiese in Italia.

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