
Sabato 24 maggio 2025, presso il Pontificio Seminario Regionale Pugliese, si è rinnovata la giornata di studio di teologia morale, giunta alla sua terza edizione.
“Mi prendo cura di te”: questo il nome (e il programma) della giornata organizzata dai docenti di Teologia Morale dell’Istituto Teologico Regina Apuliae di Molfetta, in collaborazione con Caritas Puglia, Commissione regionale per i problemi sociali e il lavoro e Delegazione Regionale Migrantes.
La sfida, come espresso da don Jean Paul Lieggi, è quella di una Facoltà Teologica che vuole farsi prossima alla comunità pugliese, che vuole essere luogo famigliare.
Ad accompagnarci nell’esplorazione del mondo della cura sono stati la prof.ssa Luigina Mortari, docente presso l’Università di Verona, e don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro.
Cosa intendiamo per cura? Cosa si può definire come “giusta cura”? Intorno a queste domande si è sviluppato l’intervento della prof.ssa Mortari, a partire dalla distinzione tra ricerca teoretica e ricerca empirica (in ambito sanitario ed educativo) e proseguendo fissando un nucleo concettuale ben definito: “l’essenza della cura consiste nel prendere a cuore la vita!”.
La cura ha un primato nella vita di ciascuno di noi, un primato ontologico, che si fonda sull’abbraccio che ci accoglie alla vita nel momento in cui nasciamo. Per comprendere questo, tuttavia, c’è prima da prendere confidenza con “l’essere incompiuto” che siamo, che ci chiama alla responsabilità di dar forma alla vita, vivendo cercando la forma migliore dell’esserci (Heidegger).
Viviamo in uno stato di debolezza ontologica: siamo fragili (“io non posso far nulla da me stesso” Gv 5,30) e vulnerabili, ed è proprio in questa condizione che si rende necessaria la cura.
La cura come modo dell’esserci, modo di agire nel mondo, come capacità di testimoniare: è prendersi in carico la persona nella sua integralità (in anima e corpo); sono parole, gesti relazionali, fare…
La cura è virtù basata sul rispetto dell’Altro nella sua trascendenza rispetto a me (Levinas), che si manifesta attraverso la delicatezza, e sulla generosità e gratuità.
Per la prof.ssa Mortari cercare la saggezza della cura significa essere guidati dal desiderio di bene. Chi agisce con cura autentica è chi ha deciso di stare nella linea del bene, quando c’è bisogno lo si fa. C’è una decisione alla base che avviene nella mente che governa le nostre scelte. Il come si realizza non è sempre chiaro, proprio come dice Iris Murdoch: «Moral choice is often a mysterious matter».
La relazione di don Bruno Bignami invece, si è strutturata in quattro momenti, provando a dare delle prospettive teologiche ed etiche riguardo la cura di Cristo, la cura della Chiesa, l’opzione preferenziale dei poveri e le direzioni su cui lavorare.
L’Amore di Cristo non ha una scadenza, è il “per sempre” della cura, che ci ricorda di come “nulla va perduto dell’Amore che nell’uomo si mostra”. È solo da questa sicurezza che può discendere la cura della Chiesa, di cui leggiamo già negli Atti degli Apostoli, con il primo miracolo della comunità cristiana che capisce di non dover far altro che ripetere i gesti di Cristo nell’incontro con l’altro. La cura della Chiesa si mostra nel dare speranza alle persone, nell’andare più in profondità rispetto alle domande che vengono poste, interpretando le domande inespresse, immaginando ciò che può riconsegnare alla pienezza di vita.
Da questa consapevolezza deriva l’istanza profetica dell’opzione preferenziale dei poveri, che “è scelta, categoria teologica, prima che culturale o sociologica”. È solo una Chiesa che sceglie questa soglia che può abitare la soglia, diventando capace di riprendere anche le domande evase, dimenticate.
Per il futuro serve allora uno stile che dia protagonismo alle persone, riuscendo a connettere la carità di prossimità e la carità a livello politico e organizzativo (di cui, come cattolici, ci scordiamo spesso).
“Il culto vero incrocia la vita dell’uomo”, conclude don Bruno, rendendo chiara la postura della comunità cristiana nei confronti del mondo in cui abita.
Relazioni chiare, lucide, che hanno avuto il coraggio di focalizzare l’attenzione su aspetti spesso tralasciati, considerati in secondo piano. Una giornata all’insegna della condivisione di tempo, di carismi, di vite e storie che ci ha messi di fronte ad una piccola certezza: la necessità di “coltivare domande grandi, senza risposta”.
Francesco Basile
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