Gaudium et spes: eredità e prospettive. Un bilancio 60 anni dopo

Il 7 dicembre 1965, a coronamento del Concilio Ecumenico Vaticano II, veniva promulgata la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes. Il nostro blog vuole celebrare il suo 60° anniversario con un contributo straordinario del prof. Giovanni Ancona.

Giovanni Ancona, presbitero dell’Arcidiocesi di Taranto, è professore emerito di Antropologia teologica ed Escatologia alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Urbaniana della quale è stato anche Decano e invitato presso la Facoltà Teologica Pugliese (che ha servito per tanti anni come docente e come direttore dell’allora Istituto Teologico Pugliese). La sua attività scientifica è profusa principalmente in volumi teologici, di cui si ricordano in particolare: Antropologia teologica. Temi fondamentali (Brescia 2019), Uomo. Appunti minimi di antropologia (Brescia 2022). È stato anche direttore della Rivista Urbaniana University Journal. Euntes docete.
Una difficile recezione

Una breve riflessione sulla Costituzione conciliare Gaudium et spes, a sessant’anni dalla sua promulgazione, impone di considerare, forse in modo piuttosto severo, che si tratta di un documento fatto oggetto in questi lunghi anni di interpretazioni molteplici e spesso conflittuali e che, in qualche caso, hanno tradito l’intenzione profonda del suo insegnamento. Si può dire, pertanto, che il percorso della sua recezione non è stato semplice e, molto probabilmente, le difficoltà in merito permangono. Da ciò non sono esenti le voci di interpreti autorevoli, le quali si alternano tra denigrazione e stima per i suoi contenuti e metodo. Si ha la sensazione, tra l’altro, che le comunità cristiane, al di là delle citazioni fugaci fatte in diversi contesti formativi dagli operatori, non abbiano ancora, nonostante il tempo trascorso, una adeguata conoscenza del documento e dei suoi temi essenziali. La sua recezione ecclesiale, in altre parole, non sembra essere un dato soddisfacente, data la manifestazione concreta, a livello di vissuto di chiesa, di rigurgiti tradizionalistici, che bene non fanno alla vita cristiana. E tutto ciò, nonostante il richiamo dei Pontefici che si sono avvicendati in questi anni ad assumere uno stile di chiesa consono all’insegnamento dell’intero Concilio vaticano II. Insomma, il cammino sembra ancora lungo e irto di ostacoli da rimuovere necessariamente, se si prende sul serio la significativa direzione impressa dall’intero Concilio vaticano II e dalla Gaudium et spes in particolare e che San Paolo VI, nel discorso di apertura del secondo periodo del Concilio, indicava in quattro punti: avere una coscienza di chiesa, considerare in continuo la sua riforma, ricomporre l’unità tra tutti i cristiani, dialogare con gli uomini contemporanei. E proprio quest’ultimo compito trova la sua condensazione nell’insegnamento della nostra Costituzione in modo del tutto particolare, unitamente ai temi del rapporto chiesa-mondo e ad altre sporgenze tematiche di rilievo come quelle della pace, della cultura, della famiglia, della politica e così via. Il tutto nella prospettiva espressa nel famoso incipit del documento: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore (…) Perciò essa si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano» (GS 1).

Alcuni nodi critici

Riprendendo alcuni temi fondamentali presenti nella Gaudium et spes si dovrà inevitabilmente constatare la presenza di alcune sporgenze critiche. Cominciando con il tema antropologico, sviluppato dal documento in maniera alquanto compromissoria, anche se nella innovativa (per quel tempo) prospettiva cristologica. Il criterio di pensare l’uomo a partire da Gesù Cristo, infatti, è stato ovviamente vincente per lo sviluppo dell’antropologia teologica di questi sessant’anni. Tuttavia, a ben leggere il testo di Gaudium et spes, si deve ravvisare che il suddetto criterio non è stato sviluppato a pieno, in tutte le sue articolazioni. L’eredità che ci lascia il documento, pertanto, è proprio quella di dare forma compiuta all’antropologia secondo le linee adeguate che scaturiscono dal nesso fondamentale tra cristologia e antropologia (intenzione del Concilio). Ancor più, il contesto storico e culturale del presente impone di ripensare l’umano a partire da nuove sfide (sconosciute al tempo del Concilio) come la questione ambientale, la globalizzazione economica, lo sviluppo tecnologico con la sua pervasiva influenza sul vivere dell’uomo e l’esplosione dell’intelligenza artificiale, e così via. In tal senso, un aggiornamento più che sensibile merita l’analisi sociologica dell’esposizione introduttiva. Resta fondamentale, però, la lezione di metodo della Gaudium et spes che propone universalmente l’uomo come ‘via della chiesa’.

Un tema di rilievo presente nella Costituzione è certamente quello dei cosiddetti ‘segni dei tempi’ (discernimento sulla storia). La lezione conciliare sul metodo con cui instaurare il dialogo con la storia è veramente grandiosa. Basti pensare solo al dato che emerge circa il coinvolgimento dei laici in questo importante processo teologico. Vale la pena riportare un testo emblematico: «Il popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane» (GS 11). In tale direzione bisognerà procedere in modo convinto e spedito, se non si vorrà perdere la rilevanza dell’essere e dell’agire della chiesa nella storia contemporanea. Quest’ultima ‘avvertenza’ mi pare opportuna, se consideriamo la continua tentazione all’autoreferenzialità delle comunità cristiane.

I problemi più urgenti indicati dalla Costituzione nella sua seconda parte: matrimonio e famiglia, cultura, vita economico-sociale, politica, pace, sono temi che necessitano di un naturale sviluppo, alla luce dei fatti e dell’insegnamento magisteriale posteriori. In tal senso, si può ben comprendere come la Gaudium et spes rappresenta un momento di grande apertura della chiesa alla vita dell’intera umanità. La Costituzione, in altre parole, lascia a tutti gli uomini di chiesa l’eredità di pensare e di agire (prospettiva pastorale) perennemente secondo quella logica dell’incontro e del dialogo, nella prospettiva della carità, che ben si addice al disegno di Dio, il quale non ha disdegnato di farsi uomo per la salvezza delle sue creature e di offrire, per questo, speranza per tutti, attraverso il mistero pasquale di Gesù Cristo. Consolante e fondamentale, in tal senso, la chiusa del n. 22: «Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza. E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pagina che raccoglie i materiali, le informazioni e le riflessioni inerenti ai corsi e ai seminari del prof. Giorgio Nacci, del prof. Roberto Massaro e del prof. Gianpaolo Lacerenza. Per info contattare: info@promundivita.it

Press ESC to close